A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro
Nel precedente articolo abbiamo percorso il primo tratto del nostro itinerario giungendo fino al termine del viale Martini.
Proseguendo per un poco ancora giungiamo ben presto al piazzale Corvetto, una volta noto come "ponte di Nosedo" per lo scavalcamento del Redefossi; ai nostri giorni questo è uno snodo trafficatissimo, eppure basta fare pochi metri deviando verso destra e ci si ritrova in un gradevole quartiere ricco di verde. Si tratta del quartiere Grigioni, che prende il nome dall'Impresa Grigioni che lo progettò e costruì tra il 1953 ed il 1962; oltre ottocento appartamenti vennero venduti o affittati a famiglie che lavoravano nelle vicine industrie, ma soprattutto a impiegati e professionisti che, avendo acquistato l'alloggio, divennero il più consistente nucleo di una popolazione stabile. La stessa Impresa Grigioni previde con anticipo l'erezione di una chiesa, davanti a uno spazio alberato appositamente lasciato all'inizio della via Rosselli. Ed infatti, dopo un lungo periodo di discussione tra le varie parti, il 21 aprile 1961 iniziarono i lavori per la chiesa della Madonna della Medaglia Miracolosa, progettata dall'ingegner Luigi Grigioni e dall'architetto Guglielmo Giani, e di cui ho già trattato a suo tempo.
Sempre a proposito di questa parrocchia, la chiesa precedente è tuttora visibile in viale Lucania, ove fu costruita negli anni Venti del ventesimo secolo (allora la strada si chiamava viale Basilicata).
Siamo giunti così in piazzale Bologna, sul cui angolo nord-ovest è recentemente sorto, in luogo dell'azienda Celestri, un gradevolissimo giardino pubblico; ci accingiamo ora ad attraversare la ferrovia che congiunge, nella cintura sud-est, le stazioni di Milano Porta Romana e Lambrate, e di cui ho già detto essere un interessante punto di vista per analizzare i cambiamenti della nostra zona.
Al culmine del sovrappasso di viale Puglie, stando sul lato sinistro, possiamo quindi osservare un'area in cui scorre la roggia Gerenzana, particolarmente ricca di arborescenze, ed in seguito, sempre sul lato ovest, un grazioso giardino privato della stazione Gas Auto di via Tertulliano; qui infatti stiamo incrociando lo Strettone, antica strada che, come penso sia ormai noto, congiungeva l'arco di Porta Romana con Castagnedo.
Sul lato destro del ponte, dopo la recente strada aperta sul tracciato del vecchio strettone (ossia la parte di via Tertulliano tra viale Puglie e la ferrovia) troviamo il Parco Alessandrini, una cui parte attende ancora di essere realizzata.
Al suo interno si trovano, disposte lungo la via Bonfadini (vecchia Paullese dei romani) le cascine Colombè di sopra e di sotto, e nei pressi di queste ultime una gradevole zona coltivata ad orti.
Inizia a questo punto viale Molise, anch'esso circondato da quartieri di case popolari di varia epoca.
Subito a sinistra si trova il quartiere Maurilio Bossi (poi ridenominato quartiere Molise), realizzato tra il 1933 e il 1938 su progetto di Cesare e Maurizio Mazzocchi. Poco oltre si trova il quartiere Emilio Melloni (poi chiamato quartiere Calvairate) costruito tra il 1928 e il 1931 su progetto di Giovanni Broglio, che abbiamo già incontrato nello scorso articolo.
Sul lato est (ossia destro), dopo l'edificio scolastico recentemente restaurato si trova al civico 46 un elegante esempio di case popolari, caratterizzate, oltre che dall'ampia corte, dalle due enormi colonne che prospiciono sul viale.
Superato l'incrocio con via Cadibona, al cui civico 19 sorgono le case economiche per l'Azienda Tramviaria Milanese, realizzate nel 1953 su progetto di Tito Bassanesi Varisco, al di là della via Abetone si trova un isolato in cui, a fianco al nuovo edificio che ha sostituito in via Maspero una rivendita di ghiaccio e carbone, si trova il Deposito Filoviario ed automobilistico dell’ATM denominato appunto Deposito Molise, risalente agli anni '30 del ventesimo secolo; subito dietro, a pochi metri, si trova la Cascina Mancatutto, in cui una scritta ricorda "1848 - calidus fecit". La ragione di questa frase è stata spesso attribuita ai moti delle 5 Giornate di quell'anno, ma è anche possibile che il riferimento sia all'incendio che, diversamente dal 25 maggio 1848, data in cui scoppiò alla Senavra (cosa piuttosto comune in quegli anni), nel settembre di quell'anno s'appiccò in pieno ai fienili della cascina Mancatutto; i contadini corsero alla Senavra a prendere la "macchina d'incendi", ovverossia una pompa a mano che pescava l'acqua nella circostante roggia e la faceva zampillare in alto, e la fecero mugghiare come forsennati a pescare le acque della roggia Besozza, ma alla fine la sconquassarono e divenne inservibile.
A questo punto interrompiamo la nostra passeggiata, che riprenderemo nel prossimo articolo a partire dall'incrocio Molise-Lombroso, posto in pieno all'interno di quella che viene definita la "Città Annonaria".